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Nazario Ricchi

Nazario Ricchi è nato a Colli del Tronto (AP) il 23 marzo 1936, settimo di otto Figli. Ivi risiede. All'età di dieci anni scopre la sua vocazione al disegno. Ancora ado­lescente, disegna sui muri della casa paterna, a notte fonda quan­do tutti dormono, angeli e Madonne del Perugino e Raffaello. Privo di colori e pennelli (erano i tempi del dopoguerra), lavora con una semplice matita nera, tratteg­giando le ombre e poi sfumandole con le dita. Alle prime ore del mat­tino si ritrova tutti i polpastrelli Feri­ti, e a quell'ora se ne va a letto. Anni memorabili, scritti e vivi nel profondo del cuore. Dipinge incessantemente sul retro dei manifesti delle varie compagne elettorali di quel tempo; arriva per­sino o schiodare le assi da armadi e comodini per Farne "tele" da dipingere. Una passione che lo accompagnerà per tutta lo vita. Dopo varie esperienze scolastiche infelici, trova la sua strada e si licenzia presso l'Accademia di Belle Arti di Perugia. In seguito, riceve l'incoraggiamento del pittore Ernesto Ercolani; fre­quenta assiduamente lo studio dello scultore Alfio Ortenzi, artista indimenticabile dal quale riceve stima e amicizia. Viene assunto dalla Standa di Ascoli Piceno in seguito a concorso: ripaga la Fiducia di chi l'ha voluto, vincendo il "martelletto d'oro", con­corso tra i vetrinisti delle oltre due­cento Filiali. Lascia lo Stando dopo pochi anni, perché non gli concede tempo  per dipingere. Avvia varie esperienze lavorative. Non riesce od ottenere l'insegnamento di educazione arti­stica: lo ottiene dopo anni, quando scopre che un ladro gli ho rubato il posto più che legittimo, con la com­piacenza delle autorità (leggasi Provveditorato e preside). Scopre un mondo di ladri: sciacalli acquattrinati vestiti di perbenismo, che vivono solo per il proprio torna­conto. Lascia l'insegnamento, prediligen­do l'attività in proprio: si afferma lo sua ditta nello produzione di cartel­li pubblicitari stradali. Approda al benessere economico. In seguito, per una di quelle deci­sioni che  fanno tremare i polsi, lascia la ditta quando comprende che la ricchezza e l'agiatezza lo avrebbero allontanato dall'arte: un sacrificio che andava accettato. Emerge un puro dell'arte. Seguono anni difficili, non trova solidarietà. Conosce la vita nei suoi risvolti più segreti e dolorosi: una dura palestra, dalla quale uscirà un uomo arricchito moralmente, con lo saggezza che viene dalla esperien­za e dalla continua riflessione. Escono suoi libri di poesie, tiene qualche "personale" di pittura, lavora in solitudine, ottiene nume­rosi premi in concorsi poetici. Creo il "Premio Tronto", concorso nazionale di poesia. Il Comune di Colli del Tronto, in seguito, gli tributa la medaglia d'oro "una vita per l'arte". Riceve a Roma il premio benemeri­to della cultura "M. Grande"; poi la nomina a membro onorario della Columbian Accademy. La sua permanenza nel paese natale è continua, non rincorre il successo, non subisce lo tentazione di andarsene. La ricchezza è dentro di sé, l'altra, quella monetaria, non gli interessa. Avvia una produzione di ceramiche artistiche assolutamente nuova: crea  una tecnica in rete metallica, rinunciando alla tradizionale creta. Ottiene risultati stupefacenti. Nella sua genealogia figurano due antenati di spicco: Pietro Ricchi (Lucca, 1606 - 1675) e Agostino Ricchi (Lucca, 1512 - 1564). Pietro fu allievo del Guido Reni a Bologna: lascia capolavori a Venezia, nella chiesa di S. Pietro in Castello, ma anche o Brescia, Bergamo, Padova. I lavori eseguiti Francia, invece, sono andati perduti o sono di collocazione ignota. Agostino è una pietra miliare nella storia della commedia italiana. A soli diciotto anni scrisse "I tre tiran­ni", che fu rappresentato nel 1533 dinanzi a Clemente VII e Carlo V. L'imperatore fu tanto soddisfatto, che lo elesse cavaliere e membro familiare. In seguito, divenne medi­co pontificio di Giulio III e dei suoi successori fino a Pio IV. Si dedica con sempre più passione all'arte: poesia, pittura, ceramica; ma anche scultura, grafica, architet­tura, saggistica. Esce "Aforismi", poi "Poesie d'ac­qua" e "Tienimi con te", poesie d'amore. Infine, "S.O.S. ARTE", un libro coraggioso e inusuale di critica d'arte. Il suo amore per l'arte è di quelli esclusivi, non ammette interferenze. Non si è mai contagiato di quei liquami che vengono quotidiana­mente propinati da falsi intenditori, in un mondo dove l'inganno e Ia mistificazione sono gli elementi por­tanti di uno società malata. Vive rasserenato dal grande dono che lo natura gli ha elargito. Non altro vuole. Notizie raccolte do E.R.O.